Metaponto

Dice Lenormant

Centosette chilometri separano Potenza dalle rovine di Metaponto. E’ un tragitto che si percorre in 3 ore col treno. Scendo verso il mare, si segue costantemente la valle del Basento. Il cambio di clima dalla partenza all’arrivo è tra i più bruschi che io abbia trovato nello stesso arco di tempo. Ero partito da Potenza alle 6. Come ci si allontanava dal posto da dove eravamo partiti e si scendeva giù nella valle, si sentiva l’aria riscaldarsi. Da un certo momento in poi sembrò che ad ogni chilometro percorso si entrasse come in una nuova atmosfera. Arrivammo a Metaponto alle 9 di mattina. Trovai un calore così bruciante che nemmeno la brezza marina riusciva a mitigare. Nell’arco di 3 ore ero passato dall’autunno dei paesi del nord dall’estate del sud. Il fiume che viene continuamente fiancheggiato dalla ferrovia. Ha una portata d’acqua abbastanza notevole che ricorda quella dei nostri fiumi francesi. Abbandonato a se stesso il Basento quando arriva l’inverno, esce dal suo letto e rifluisce liberamente nella valle, che diventa così inadatta ad ogni forma di serio sfruttamento agricolo a causa delle inondazioni. Seguendo il capriccio di un’inondazione più o meno forte, esso depaupera il terreno, lo copre di sabbia e di ciottoli. Allo stato attuale non si potrebbe immaginare un paesaggio più desolato di quello della valle del Basento: un vero deserto. Ad eccezione di Campomaggiore, un villaggio di 5-600 anime non si incontra un solo centro abitato. Alcuni paesini si intravedono solitari sulle montagne; le loro posizioni sono quasi inaccessibili. Non si possono raggiungere che a cavallo. Tutta la parte superiore della vallata è molto pittoresca, d’un aspetto selvaggio e grandioso. Dopo Ferrandina la desolazione è sempre la stessa e l’aspetto molto meno pittoresco. Mai dall’antichità ai nostri giorni, ci sono state località importanti lungo il percorso Potenza-Metaponto attraverso la valle del Basento. A 37 km dal mare sorge Ferrandina, una cittadina molto vivace e dall’aria buona, posta su una collina poco distante dalla riva destra del Basento. Deve la sua ricchezza ad una produzione abbondante di vino ed olio. Fu fondata da Federico d’Aragona.

Bernalda è ancora una borgata fiorente circondata da buoni orti, da vigneti e da oliveti. Recentemente è stato installato un frantoio a vapore per l’estrazione dell’olio. Lungo le pendici delle alture di Bernalda i contadini, nel rimuovere la terra, portano spesso alla luce tombe di epoca greca. Ce ne sono a gruppi un po’ ovunque nella campagna, dal borgo fino al mare. Si tratta senza dubbio delle necropoli dei villaggi che dipendevano da Metaponto. Il sito di Bernalda doveva appartenere a questa città.

E’ la terza volta che torno a Metaponto. Ciò che mi induce ora a riparlarne è che dopo tre anni i ruderi hanno cambiato aspetto; la visione è del tutto nuova a causa dei pregevoli scavi, non ancora ultimati, che mi ha fatto da guida in questa zona archeologica. Sono già emersi parecchi dati di grande importanza per la ricostruzione della storia della città. Gli achei si stabilirono a Metaponto verso la metà del VII secolo a.c. e non furono i primi coloni del suo territorio. Prima di loro esisteva già un centro abitato fra le foci del Bradano e del Casuentus. Gli scavi hanno portato alla luce molti oggetti di pietra levigata dell’età preistorica, a testimonianza che sin da allora erano presenti in questi luoghi insediamenti umani. L’età seguente, quella del ferro, è anch’essa testimoniata da oggetti di bronzo e da vari frammenti di vasellame nerastro lavorato a mano, nonché da buccheri della stessa natura, lavorati non sul tornio da vasaio propriamente detto, ma sull’arcolaio a mano. Questo vasellame ci mostra a quale livello era pervenuta la ceramica indigena degli enotri al tempo dell’arrivo dei greci.

Verso la fine del VI secolo, Metaponto diede asilo a Pitagora, che era stato cacciato da Crotone; per qualche tempo la città si lasciò guidare dalla figura prestigiosa del filosofo. Dalla metà del VI secolo fino agli ultimi anni del V, Metaponto, fu saggiamente governata. Si arricchì con l’agricoltura e raggiunse il più alto grado di prosperità. La decadenza per questa città cominciò a partire dalla disastrosa spedizione degli ateniesi in Sicilia. Metaponto continuava ad essere ricca ma, venuta meno la supremazia di Atene in Italia, perse l’indipendenza politica e cadde in una condizione di vassallaggio nei confronti di Taranto. Il suo territorio subiva incursioni da parte dei barbari che scendevano dalle montagne, incursioni che essa non aveva più l’energia di respingere e dalle quali Taranto non sapeva proteggerla.

Le vicende dell’agonia e della rovina della città sono pienamente confermate dalle testimonianze emerse dagli scavi. Si leggono tutti i dettagli nei ruderi stessi di Metaponto. La decadenza profonda in cui era caduta nell’ultimo secolo della sua esistenza, si nota in queste case povere e mal fatte, costruite sui detriti di abitazioni più lussuose e di fattura migliore. La catastrofe finale è attestata da tracce, ovunque visibili, d’un terribile incendio che ha divorato la città intera e dal quale non è più risorta. Tra le rovine dei suoi monumenti e delle sue case non si trovano oggetti la cui data superi gli inizi del I secolo a.c.: tutto è esclusivamente greco.

metapontoLa scoperta più importante degli scavi è stata quella del tempio greco posto a poca distanza nel punto in cui doveva sorgere l’agorà della città. Un’iscrizione greca a caratteri arcaici, scoperta nel corso dei lavori, ha rivelato che si trattava del tempio dedicato al Apollo Liceo. Vicino a questo tempio, e anche nei dintorni di quella che doveva essere l’agorà, va collocato con certezza il sito del teatro. I cumuli di macerie ne designano la forma semicircolare in maniera inequivocabile. In diversi punti si sono rintracciate delle strade che hanno conservato ancora intatto il loro lastricato di epoca greca e che si potrebbero seguire in tutto il loro percorso. Non c’è bisogno di scavare in profondità per rintracciare il piano completo della città.  La città era completamente alimentata dall’acqua dei pozzi, molti dei quali sono stati ritrovati da Lacava. Ripuliti, danno ora un’acqua eccellente.

metaponto1Con il nome di Tavola Palatina, il rudere più importante di Metaponto, si trovava a 2 km circa fuori della città, su di una collinetta rocciosa. Restano in piedi 15 colonne, 10 dal lato nord e 5 dal lato sud, portanti ancora il primo filare dell’architrave. Il tempio era esastile, a 12 o 13 colonne sulle facce laterali l’antico pavimento del tempio è andato completamente distrutto. Le colonne ancora presenti devono la loro sopravvivenza alla scarsa possibilità di reimpiegarli come materiale da costruzione da parte dei moderni muratori. I sepolcri nella necropoli di Metaponto consistono, secondo la consuetudine dei greci, in sarcofaghi grossolanamente scavati in un blocco di tufo o in fosse rettangolari rivestite di lastre di pietra e di gran di tegole. Si è aperta qualche tomba e sono stati rinvenuti vasi dipinti riconducibili al cosiddetto stile apulo; ciò prova che tali vasi sono di fabbricazione propria delle città greche.

Il piccolo museo organizzato da Lacava si compone di una collezione di magnifici cocci in terracotta appartenenti alla collezione policroma del tempio di Apollo Liceo e di quanto resta delle sculture delle sue metope; poi c’è una piccola serie di piccoli oggetti d’ogni genere: terrecotte, bronzi, vasellami ecc., dei quali alcuni hanno un vero valore artistico, mentre altri non un  minore interesse storico per l’archeologia erudita, si nota inoltre tutta una raccolta di terrecotte votive del tutto simili a quelle che si trovano a migliaia a Taranto. Tutto ciò che è venuto fuori dagli scavi in questi 3 anni è conservato in un museo provvisorio.

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