Melfi

MelfiAntica stampa di Melfi, Capitale della Contea di Puglia, poi del Ducato di Puglia e Calabria

 

Dice Lenormant 

castelloMelfi, costruita su un suolo vulcanico ha subito a più riprese terremoti. Il più violento ebbe luogo nel 1851 distruggendo gran parte della città. Di conseguenza, Melfi conserva ben pochi ricordi del suo passato storico. Il castello che la domina, enorme fortificazione guarnita di torri quadre e poco sporgenti, è un’opera nel suo complesso dell’XI secolo, che è stato rimaneggiato nelle varie epoche.

cattedraleDell’antica cattedrale è rimasto in piedi un bel campanile quadro a più piani con finestre romane. Al piano superiore furono adoperate pietre vulcaniche rosse e nere che raffigurano leoni rampanti nello stile araldico. Il leone era il simbolo adottato dai normanni di Sicilia.

 

 

cinta murariaLe mura della città, delle quali non resta che una parte piccolissima della porta, la porta Venosina, non sono anteriori a Federico II o ai primi angioini. Nel cortile del municipio si conserva un sarcofago antico di marmo scoperto nel 1856 a Rapolla. In questo stesso cortile del municipio vi è un pilastro in pietra del XVI secolo. Esso è sormontato da una mensola molto sporgente al di sotto della quale è infisso un grosso anello di ferro probabilmente utilizzato per impiccare i condannati. E’ probabile che si tratti di un monumento a ricordo di una vendetta che si collega agli episodi delle guerre tra francesi e spagnoli del XVI secolo, la spedizione del 1528 ove Lautrec assediò Melfi mettendola a ferro e fuoco.

porta venusina  Porta Venusina

Si ritiene che la fondazione di Melfi risalga all’epoca delle invasioni barbariche o della dominazione dei bizantini. Alcuni basandosi su di una frase di Erchemperto, cronista del IX secolo, ritengono che Melfi fosse la prima sede di coloro che andranno poi a fondare Amalfi. Nulla fa supporre che Melfi esistesse al tempo dei romani e tantomeno che fosse un centro di qualche importanza. Dove oggi sorge Melfi esisteva un centro abitato in epoca più antica. Ciò è comprovato dalle numerose tombe che i contadini portano alla luce arando i campi che circondano la città.  Io ho avuto l’opportunità di vedere una certa quantità di monete d’argento e di vasi scoperti in queste tombe e conservati da vari proprietari di Melfi, ma in nessuno di essi c’è traccia di romanità. I vasi da me visti è rappresentata, in tutte le sue fasi, la successione delle varie epoche della ceramica dipinta dalle origini alla fine del III secolo a.c.

L’odierna Melfi non ha industrie. La poca gente che ha un mestiere si dedica all’agricoltura. Tutto il commercio è basato sui prodotti agricoli delle campagne vicine. Melfi è abitata da proprietari terrieri, quasi tutti nobili, e da contadini semplici braccianti dalla condizione molto misera. Essi si muovono ogni mattina prima dell’alba per andare a lavorare nei campi e tornano al calar del sole. Nulla di più pittoresco dello spettacolo della via del sobborgo all’ora del crepuscolo, al momento del loro ritorno.  Uomini e donne ritornano in città a gruppi con passo lento e pesante, gli uni con la zappa e la vanga sulle spalle, le altre con un sacco di grano o una cesta di frutta sulla testa, oppure un fascio d’erba destinato alle bestie, spingendo innanzi asinelli vivaci carichi di ortaggi, ceste d’uva, sacchi di grano, fascine raccolte nei boschi vicini. Alcune di queste contadine portano in braccio bambini, che il mattino hanno portato in campagna. Altri fanciulli più grandicelli, lasciati a casa, corrono incontro ai genitori e si gettano al collo con grida gioiose. A quest’ora tutto è rumore e movimento festoso. I monelli fanno scoppiare i petardi sulla via e dalle osterie si odono canti e suoni. Qui la gioventù va a rilassarsi ballando dopo le fatiche della giornata. E’ questo uno spettacolo che si ritrova in tutti i paesi della regione, ma che non stanca mai. Soprattutto la prima volta che lo si osserva esso incanta il viaggiatore che non ha mai visto nulla di simile sotto il suo cielo.

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