La Seconda Guerra Mondiale

Il 1° settembre 1939 Hitler iniziò l’invasione della Polonia; il tre settembre Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania.

La strategia militare tedesca era basata sulla guerra-lampo con l’uso di bombardamenti aerei e carri armati. Il 27 settembre 1939 le forze tedesche entrarono a Varsavia, mentre i sovietici invadevano il paese da oriente: la Polonia venne spartita fra le due potenze; le SS e l’Armata Rossa eliminarono oltre 50000 civili e migliaia di ufficiali polacchi.

Nella primavera del 1940 Hitler aggredì Danimarca e Norvegia, attaccò la Francia il 10 maggio e il 14 giugno occupò Parigi: i tre quinti del territorio francese rimasero sotto occupazione militare, mentre al sud si formò un governo filofascista e collaborazionista. Intanto l’URSS aveva occupato la Finlandia. Successivamente, Hitler tentò di spezzare la resistenza britannica con la guerra sui mari, ma la flotta inglese era superiore, e con l’aviazione che colpì le città inglesi con bombardamenti “a tappeto”, il cui scopo era di terrorizzare la popolazione (Birmingham e Coventry furono interamente distrutti).  La “battaglia d’Inghilterra” (luglio-settembre 1940), combattuta nei cieli, vide prevalere gli inglesi e l’operazione “Leone marino” venne abbandonata da Hitler.

 LA FALLITA GUERRA PARALLELA

Mussolini aveva comunicato all’alleato tedesco l’impossibilità di un intervento italiano prima del 1943, ma i travolgenti successi di Hitler indussero il duce ad accelerare i tempi.

Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra, attaccando l’ormai agonizzante Francia. La strategia italiana prevedeva una guerra parallela a quella dell’alleato tedesco.

Il 28 ottobre l’Italia attaccò la Grecia per un’espansione nei Balcani, ma i reparti italiani dovettero ripiegare in Albania e furono costretti sulla difensiva.

Il 6 aprile 1941 Hitler invase la Iugoslavia ricongiungendo le truppe tedesche con quelle italiane. L’operazione diede a quest’ultimo l’egemonia sui Balcani e l’Italia fascista, pur ottenendo il controllo di alcune zone, scontava la manifesta impossibilità di condurre una guerra autonoma dalla Germania; infatti, la “guerra parallela” si trasformò in guerra diretta dalla Germania. La flotta italiana cercò invano di contrastare la supremazia aereonavale britannica nel Mediterraneo. Le offensive italiane nella Somalia e in Egitto furono bloccate dagli inglesi, perdendo così la Cirenaica. Nell’Africa orientale le truppe britanniche ebbero la meglio e in Etiopia venne restaurato sul trono il negus. Solo con l’arrivo dell’Afrikakorps tedesco di Rommel riequilibrò il confronto con gli inglesi. La posta in gioco era l’Egitto che significava petrolio e controllo del canale di Suez.

L’INVASIONE DELL’URSS

L’“operazione Barbarossa”, cioè il piano di invasione dell’URSS ebbe come presupposti la conquista dello spazio vitale verso le zone slave, la contrarietà al bolscevismo e il territorio ricco di grano e di petrolio. Il 22 giugno 1941 un esercito di oltre tre milioni di uomini, carri armati e aerei penetrarono in Unione Sovietica verso Leningrado, verso Mosca e verso l’Ucraina. I tedeschi occuparono le Repubbliche Baltiche, la Bielorussia e gran parte dell’Ucraina; si impadronirono di un terzo dei territori coltivabili, di oltre il 50% di carbone, ferro e acciaio. Leningrado fu sottoposta a un terribile assedio e l’Armata Rossa non resse all’urto. In inverno, però, si applicò la tattica della “terra bruciata” che sottraeva all’esercito tedesco la possibilità di rifornirsi di prodotti russi e così i tedeschi furono costretti a retrocedere in più punti.

Sul fronte orientale nel 1942 i tedeschi affiancati dall’Armir (armata italiana in Russia) lanciarono una violenta offensiva verso le regioni petrolifere del Caucaso, ma l’offensiva fu bloccata a Stalingrado. Nell’inverno tra il 1942-43 le armate tedesca e italiana furono decimate e si arresero. Il successo della resistenza sovietica fu dovuto all’enorme sforzo economico compiuto dal paese: ci fu una mobilitazione industriale grazie ad una disciplina ferrea e a provvedimenti coercitivi, e grazie al sentimento nazionale della “guerra patriottica”.

 L’INTERVENTO DEGLI STATI UNITI

Nel dicembre 1941 l’aviazione giapponese attaccò la flotta statunitense di Pearl Harbor nelle Hawaii per una spinta espansionistica iniziata con le aggressioni alla Cina e con l’occupazione dell’Indocina negli anni trenta. L’8 dicembre USA e Gran Bretagna dichiararono guerra al Giappone. L’entrata in guerra degli Stati Uniti segnarono la svolta del conflitto, diventando alleati con i sovietici (conferenza di Casablanca). Il primo intervento statunitense, che poteva contare un’enorme produzione bellica, fu l’Africa settentrionale.

L’offensiva italo-tedesca venne arrestata a el-Alamein dagli inglesi del generale Montgomery, che diede inizio alla controffensiva. Dopo lo sbarco in Marocco e Algeria degli americani, le forze dell’Asse resistettero in Tunisia, ma vennero piegate nel 1943 decretando la fine della guerra in Africa.

In seguito, gli alleati sbarcarono in Sicilia il 10 luglio 1943 decretando la crisi del regime fascista: il 25 luglio 1943 si votò la destituzione di Mussolini e il duce venne arrestato. L’8 settembre il governo italiano di Badoglio firmò l’armistizio con gli anglo-americani. Nella conferenza di Teheran si decise l’apertura di un secondo fronte in Europa: il 6 giugno 1941 ci fu lo sbarco in Normandia comandato dal generale Eisenhower che condusse alla liberazione del Belgio e quasi tutta la Francia. Il 19 agosto Parigi già insorse contro i tedeschi.

Sul fronte orientale l’Armata Rossa era avanzata fino a Varsavia e così Ungheria, Bulgaria, Romania, Iugoslavia e Grecia si liberarono. Hitler, non volendo arrendersi ordinò la mobilitazione generale coinvolgendo anche i giovani, ma l’aviazione anglo-americana attuava bombardamenti a tappeto e si riunirono ai sovietici sul fiume Elba accerchiando la Germania.

Il 30 aprile Hitler si tolse la vita insieme ad altri esponenti e l’8 maggio la Germania firmò la resa senza condizioni. Dopo oltre tre anni di scontri aeronavali, Truman decise l’impiego della bomba atomica che distrusse Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki. Il 2 settembre il Giappone si arrese.

 LA RESISTENZA ITALIANA

Quando nell’estate del 1943 già crollava il consenso al regime e dopo lo sbarco degli alleati (10 luglio), il 25 luglio il Gran consiglio del fascismo insieme al re destituì e arrestò Mussolini. La monarchia e l’esercito avrebbero dovuto rappresentare la continuità delle istituzioni, perciò il governo fu affidato al maresciallo Badoglio. L’8 settembre l’armistizio con gli alleati venne reso pubblico e l’Italia si vide costretta a reagire ad eventuali attacchi che non fossero stati anglo-americani.

La resistenza italiana conobbe tre tipi di conflitto:

  • patriottica, per la liberazione dai tedeschi
  • civile, che oppose partigiani e fascisti
  • di classe, poiché i socialisti rivendicavano il governo

L’aspirazione comune era comunque il desiderio di riscatto, di autonomia e di libertà di scelta. Il 9 settembre i partiti antifascisti (liberali, socialisti, cattolici, azionisti) diedero vita a Roma al Comitato di Liberazione Nazionale (Cln), mentre a Brindisi venne riconosciuto il Regno del Sud di Vittorio Emanuele II, retto dal governo di Badoglio. Il 12 settembre Mussolini, imprigionato sul Gran Sasso, venne liberato dai tedeschi e fondò la Repubblica sociale italiana a Salò.

Dopo numerose guerriglie, Roma fu liberata dagli alleati e il Corpo Italiano di Liberazione combatté affianco a loro. Il Cln rifiutava di collaborare col Regno del Sud aprendo così una questione istituzionale, ma Togliatti, giunto a Salerno convinse il Cln a privilegiare l’obiettivo della liberazione del paese. La “svolta di Salerno” ebbe due conseguenze: il re trasferì i poteri al figlio Umberto, che assunse la carica di luogotenente generale del regno; il presidente del Cln Bonomi sostituì Badoglio alla guida del governo.

Intanto, nel nord Hitler aveva deciso di gestire la situazione italiana attraverso un governo fascista controllato dai tedeschi, anche perché Mussolini ebbe scarso successo nel fondare uno Stato sulla socializzazione delle imprese e sul tentativo di creare un esercito. Così l’occupazione tedesca si caratterizzò per l’espansione di centri d’autorità e di potere, come la Wehrmacht e le SS spesso in conflitto, per ottenere la collaborazione delle istituzioni italiane.

LA LIBERAZIONE

Mentre al sud la Resistenza era decisa dall’avanzata lenta degli alleati, al nord il Corpo volontari della libertà di Raffaele Cadorna scatenò proprio una guerra di liberazione grazie alla necessità di lottare contro l’occupante straniero e i fascisti, e la presenza di una classe operaia che aveva ritrovato forza e compattezza. Anche il Cln dell’Alta Italia era propensa a non attendere il progresso degli alleati. I partigiani (200 000 nel 1945) all’inizio disorganizzati, ora eseguivano azioni di guerriglia a forme di brigate (Garibaldi, azioniste, Osoppo). I nazifascisti risposero duramente come il massacro di Marzabotto, in Emilia Romagna, dove le SS sterminarono 771 persone. In più i tedeschi imposero la persecuzione contro gli ebrei.

Nel frattempo, Firenze si era liberata con un’insurrezione e si crearono libere repubbliche. I rapporti tra alleati e partigiani risultarono difficili e il generale Alexander ordinò ai partigiani di rimanere sulla difensiva fino alla primavera del 1945, quando tra il 23 e il 26 aprile si liberarono Genova, Torino, Milano e altre città. Il 25 aprile è la data ufficiale della liberazione d’Italia. Mussolini fu fucilato il 28 aprile mentre fuggiva in Svizzera.

LA SCELTA REPUBBLICANA

La situazione economica dell’Italia alla fine della Seconda guerra mondiale era disastrosa. Nel 1947 la CGIL ottenne la scala mobile, un meccanismo che adeguava automaticamente i salari all’aumento dei prezzi. Subito dopo la liberazione, i partiti politici antifascisti governarono insieme l’Italia per due anni e in questa fase vennero accantonate le divergenze ideologiche e politiche. I vari partiti politici erano dunque la Democrazia cristiana e il blocco della sinistra (Partito d’azione, Partito liberale, Partito socialista e Partito comunista).

Il primo governo dell’Italia liberata fu presieduto dall’azionista Ferruccio Parri e il successivo governo fu affidato dal democratico Alcide De Gasperi. Nel giugno del 1944 la scelta sulla forma istituzionale dello Stato era stata demandata a un referendum da tenersi dopo la liberazione. Tale referendum (suffragio universale) fu indetto per il 2 giugno 1946 e prevalse la Repubblica. Lo stesso giorno i cittadini italiani votarono anche per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente, che aveva il compito di redigere la Costituzione destinata a sostituire lo Statuto Albertino. La Democrazia Cristiana si affermò come partito più forte e De Gasperi ottenne dalla Casa Bianca l’investitura quale leader anticomunista nonché molti aiuti economici.

Nel maggio 1947 l’Assemblea votò la fiducia al quarto governo De Gasperi, da cui erano escluse le sinistre, seguendo le richieste della chiesa cattolica e degli USA. Accanto alla Dc vi trovarono posto liberali, repubblicani e il Partito socialdemocratico di Giuseppe Saragat.

Il 22 dicembre 1947 venne approvato il testo della nuova Costituzione, che entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

 IL CONFINE ORIENTALE

Con l’espressione foibe si intendono profonde cavità carsiche sviluppate in verticale rispetto al terreno. Qui vennero gettati i cadaveri di alcune migliaia di italiani uccisi dall’esercito iugoslavo di Tito. I primi eccidi furono in Istria nel settembre 1943 e contarono intorno alle 600 persone. Il secondo atto della tragedia fu nel maggio 1945 e contò circa 4000 vittime.

Le principali cause di questa tragedia erano:

  • la diversità di tre gruppi etnici (italiani, sloveni, croati)
  • la italianizzazione forzata della popolazione slava durante il fascismo

Nel giugno 1945 la Venezia Giulia venne divisa in una zona A, sotto un governo militare alleato, e una zona B sotto amministrazione iugoslava. Con il trattato di Parigi del 1947 la maggior parte della Venezia Giulia e l’Istria vennero assegnate alla Iugoslavia, mentre si istituì il “Territorio libero di Trieste” diviso a sua volta in una zona A e in una zona B. Nel 1954 la divisione fu confermata dal Memorandum d’Intesa tra Italia e Iugoslavia e nel 1975 vengono definitivamente sanciti i confini con il trattato di Osimo.

La firma del trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 diede inizio all’esodo istriano: la popolazione italiana dovette decidere se stare sotto il regime comunista con possibili persecuzioni o emigrare verso l’America e l’Australia. Circa 350000 persone optarono per la seconda scelta causando danni nel tessuto economico del territorio. Questo dramma fu assente dalla memoria pubblica fino a pochi anni fa poiché si trattava di un tema “scomodo” per il Partito comunista e per le forze di governo nel clima della “guerra fredda”. Il Giorno del ricordo è il 10 febbraio dal 2007.

Lascia un commento