Destra e Sinistra Storica

L’ITALIA: DESTRA STORICA

 Nei quindici anni dopo l’unificazione italiana, il paese fu guidato dalla Destra storica, un raggruppamento politico di estrazione aristocratico-borghese, e di orientamento liberale. Il primo problema che la Destra dovette affrontare fu il completamento dell’unificazione nazionale. Il Veneto e il Friuli vennero annessi con la vittoria contro l’Austria nel 1866, grazie all’alleanza prussiana.

Più complessa si presentava la questione romana: nel 1864 una Convenzione fu firmata e prevedeva il graduale ritiro del presidio francese da Roma e lo spostamento della capitale da Torino a Firenze. Mentre la sinistra era favorevole a un’azione di forza, i liberali seguivano la dottrina cavouriana della “libera chiesa in libero stato”. Il Papa Pio IX attraverso il Sillabo ribadiva l’ostilità della chiesa verso il socialismo e verso il liberalismo. Nel 1870 le truppe italiane entrarono a Roma mettendo fine al potere temporale del Papa e spostando la capitale a Roma. La conseguenza fu una grave frattura fra laici e cattolici.

Grave era il ritardo economico-sociale dell’Italia nei confronti dei paesi più avanzati (arretratezza dell’agricoltura, industria fragile, mercato interno inesistente, analfabetismo, mortalità infantile alta). La Destra affrontò questi problemi con la scelta di un deciso accentramento politico-amministrativo, con l’estensione della legislazione sabauda.

In politica economica si attuò una decisa difesa del libero scambio, un’intensa opera di sviluppo delle infrastrutture e un programma di risanamento del bilancio pubblico. Grazie ad un aumento del prelievo fiscale con la tassa sul macinato, si raggiunse il pareggio di bilancio. La tassa diede origini a rivolte e conflitti che il governo affrontò con la repressione. Nel Mezzogiorno il sistema fiscale era più severo e il servizio militare fece nascere nuovi conflitti, mentre divampava il brigantaggio (banditi e criminali), stroncato dall’esercito.

 E SINISTRA STORICA

 Nel 1876 la guida del paese passò alla Sinistra storica (raggruppamento politico con democratici, liberali, progressisti e conservatori) sotto il governo di Depretis. La legislazione riformatrice (diritto di voto, istruzione elementare obbligatoria, abolizione tassa sul macinato) si esaurì perché il parlamento maturò interessi per lo più personali come il trasformismo, ossia la tendenza a gestire la vita parlamentare attraverso scambi di favori tra governo e opposizione. La crisi agraria spinse la Sinistra ad abbandonare il libero scambio attuando nel 1887 una svolta protezionista. Questa scelta ebbe conseguenze negative sulle condizioni di vita del popolo, ma ebbe effetti positivi sull’industria tessile e meccanica. Tali effetti furono accentuati dalla politica industriale che puntò sul completamento della rete ferroviaria e sul sostegno all’industria pesante. Infine egli avviò l’espansione coloniale italiana, nel quadro di una collocazione internazionale a fianco della Germania e dell’Austria-Ungheria (Triplice alleanza 1882) e avendo come obiettivo l’Etiopia.

Alla morte di Depretis, la guida del governo passò a Francesco Crispi, che interpretò “l’uomo forte” con la sua personalità autoritaria. Egli mirò a rafforzare l’autorità dello stato e il potere dell’esecutivo. In seguito promosse una serie di riforme (diritto di voto più ampio, eleggibilità dei sindaci, riforma sanitaria, codice penale) e ai conflitti sociali come il movimento dei Fasci siciliani rispose con durezza accrescendo i poteri di polizia. Con la politica coloniale di Crispi l’Italia riuscì a imporre la propria autorità nella colonia Eritrea e in parte della Somalia, ma subì una pesante sconfitta in Etiopia (Adua 1896).

 

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